di CLAUDIO DIONESALVI (pubblicato, in versione ridotta, su Il Manifesto del 23/12/2016)
Per chi volesse orientarsi nel presente caotico e magari tornare a coltivare l’ambizione di capovolgerlo, può risultare preziosa la lettura di “Sud comune”, anti-periodico di inchiesta, biopolitica e soggettivazioni. Oltrepassato il delicato confine della gestazione, alla sua seconda uscita la rivista sfodera un crescente livello di analisi teorica che svela il ritmo di un ragionamento diversificato, eppure condotto a più voci. È un esperimento minuzioso negli approfondimenti, propulsivo nella ricognizione di un lessico adeguato alla fase storica. Non a caso le immagini curate da Nanni Balestrini per il progetto grafico di Andrea Wöhr propongono un flusso di titoli sovrapposti che sembrano voler abbattere, riconnettere e di nuovo scombinare le categorie della comunicazione simbolica e di quella letteraria. Francesco Maria Pezzulli e Carlo Cuccomarino, ricercatori eretici nonché pazienti tessitori di una pregiata trama esplorativa, realizzano un’impresa non facile: inquadrare dal meridione del paese chiamato Italia “il contesto nel quale ci troviamo immersi”, sezionare “il nuovo modo di produzione e valorizzazione capitalistica che – spiegano nell’editoriale – riesce a coinvolgere l’intera nostra vita”. E lo fanno coinvolgendo le migliori intelligenze marxiste viventi in questo spaccato di mondo, senza il vizietto di tanto meridionalismo passato, tendente a centralizzare la dimensione locale, esaltandone le problematiche e il potenziale palingenetico di rivoluzioni improbabili. “Sud comune” si muove nella consapevolezza che “i contesti locali (…) non sono protetti da nessuna eredità culturale che li rende esterni o impermeabili ai processi capitalistici sovranazionali e nazionali. In altri termini – precisano i padri della rivista – non esiste un sud «altro» dal capitalismo, esiste un capitalismo che «produce» le località meridionali, che ne ridisegna i poteri reali, le gerarchie, le identità e le differenze”. Più che punti fermi, allora, i contributi dei singoli autori sono parentesi aperte che non richiedono chiusure. Dopo il commovente ricordo, a cura di Gaetano Congi, del compianto Gaspare de Caro “comunista, storico straordinario, autore di fondamentale importanza per chiunque voglia comprendere la storia del capitalismo e delle classi in lotta”, la rivista ospita un’anticipazione del prossimo libro di Andrea Fumagalli su debito e precarietà nell’era della sussunzione vitale nel capitalismo bio-cognitivo. Il contributo di Fumagalli fa il paio con quello di Toni Negri nel ricostruire il cammino che ha prodotto le recenti mutazioni del campo neoliberista, ma soprattutto nel delineare il profilo di determinate conclusioni: “La nostra proposta – spiega Negri – è piuttosto quella di considerare il comune non come un terzo genere di proprietà ma come modo di produzione”. La valutazione qualitativa e soggettiva delle trasformazioni è oggetto anche dello studio di Federico Chicchi, Emanuele Leonardi e Stefano Lucarelli: “la nostra riflessione (…) parte cioè dalla presa d’atto che l’estrazione di plusvalore si dà oggi anche attraverso la cattura di azioni sociali che si realizzano all’esterno del lavoro salariato”. A suggello di tale prospettiva visuale, nell’analisi critica dei processi di finanziarizzazione che caratterizza il dominio capitalista, Gabriele Tocaccelli recensisce il libro di Emanuele Braga e Andrea Fumagalli, “La moneta del comune”. Gustosissima, poi, la sezione dedicata all’inchiesta e alle conricerche. Stefano Lucarelli indaga “La gestione dell’arretratezza” meridionale: “esiste una percezione diffusa del sottosviluppo (…) su cui si regge il processo di svalutazione dei saperi e delle competenze che legittima il sottosviluppo stesso”. Il bisturi affonda nelle viscere del reale con l’intervista a Federico Bertoni intorno al suo “Universitaly”, e col racconto dell’esperienza di Gemma Maltese che fotografa dall’interno la catena di sfruttamento dei call center. Lo sguardo di “Sud comune” non poteva non soffermarsi su un altro meridione, quello dei migranti che vivono nei quartieri nord di Marsiglia e del progetto Baguette Magique, descritto da Vanessa Baselli nella sua tesi di laurea magistrale. Illuminante l’intervista a Giorgio Griziotti sul neuro capitalismo, che tra le tante questioni trattate, smonta il primato del Free Software: “Linux (…) l’ho scelto per rappresentare (…) il perno centrale di un modo alternativo di produrre nel passaggio dall’economia industriale a quella della conoscenza. Nella sussunzione di quest’ultima, operata dal capitalismo cognitivo, anche il free software non ne esce indenne”. Di grande attualità, alla luce anche del recente dibattito apertosi dopo il fallimento dell’atto di supremazia del governo centrale sulle autonomie locali, contenuto nel referendum renziano, è l’inchiesta di Carlo Cuccomarino sul municipalismo. Il suo contributo si articola in due momenti: un racconto senza enfasi dell’esperienza municipalista a Cosenza, e una frizzante chiacchierata con Franco Piperno sull’effettiva potenza sociale centrifuga che tale ipotesi può ancora esercitare nei confronti del Leviatano. Ineluttabile sbocco di un simile approccio, il saggio di Carlo Vercellone su “L’utopia statalista del nuovo meridionalismo”: spacchetta i luoghi comuni e addensa il percorso storico che ha prodotto delle semplificazioni in cui troppo spesso è cascato un ampio versante del meridionalismo. Infine il focus di Francesco Maria Pezzulli rivisita il tema delle insorgenze meridionali e colloca il vasto fenomeno migratorio dal sud nella corretta cornice di una dispersione forzosa, pilotata dal sistema di dominio per scongiurare il rischio che il sud potesse divenire territorio privilegiato di un esercizio concreto, collettivo e riproducibile del comune.