di “Plateforme D’enquêtes Militantes” (in Global Project, settembre 2019)
Abbiamo tradotto un articolo di Plateforme D’enquêtes Militantes che inquadra la convergenza tra movimento climatico e gilets jaunes prevista per sabato 21 settembre a Parigi e in altre città francesi, in occasione dell’Atto 45 e della Climate March collocata nella settimana d’azione globale sul clima. Traduzione di Sara Corsaro e Giulia Liotta.
Sabato 21 settembre si annuncia come una giornata importante. Sarà innanzitutto l’Atto 45 di un movimento che si configura nella durata, trasformando la temporalità delle lotte verso sequenze lunghe ed evolutive, marcate da picchi ad intensità regolare. Ma questo 21 settembre è anche la data di una nuova Manifestazione per il Clima, proprio dopo un G7 di cui ricordiamo soprattutto l’energia impiegata a soffocare le rivolte e i discorsi vuoti dei becchini del pianeta.
L’abbiamo già detto: mobilitandosi contro una tassa sul carburante, tanto inutile per il clima quanto socialmente ingiusta, i Gilets Gialli hanno ridefinito le linee politiche della lotta ecologica. Non solamente affiancandovi fermamente la questione sociale, ma anche ripensando le modalità della lotta e le forme dello scontro. Che sia paralizzando l’8° arrondissement o bloccando dei magazzini di Amazon, i Gilets Gialli affrontano direttamente coloro che sono responsabili della fine del mondo tanto quanto delle nostre “prigioni di fine mese”.
Parallelamente, il movimento ecologista sta emergendo come una componente essenziale di questa fase, con da una parte le manifestazioni per il clima che radunano diverse decine di migliaia di persone e dall’altra un rinnovo dei metodi di azione diretta, come il blocco e il sabotaggio delle grandi centrali inquinanti. Se i media principali e i politici hanno per il momento accolto in maniera abbastanza positiva questa ondata (senza tuttavia fare alcunché), il minimo segno di una radicalizzazione in seno a questi movimenti è monitorato attentamente e le condanne pubbliche, giudiziarie o poliziesche sono in realtà pronte a fioccare.
La ripetizione continua del mantra della “non violenza” è utilizzata da alcune ONG ecologiste per proteggersi dalla gogna mediatica. Gli editorialisti non designano queste come delle “folle odiose” e i politici continuano a invitarle ai loro tavoli. Ma a sua volta questa strategia legittima la violenza prodotta nei confronti dei Gilets Gialli. Essa costruisce un “cattivo Gilet Giallo” e un “gentile ecologista”, che il potere ha totale interesse a mantenere e rinforzare. È quello che è successo durante l’Atto 18 del 16 marzo, quando gli schermi delle TV sembravano come divisi tra l’immagine apocalittica di un Fouquet’s in fiamme (ndt ristorane di lusso parigino) e quella da “brava bambina” delle famiglie che sfilavano per le api e per i fiori. Questa falsa dicotomia tra violenza e non violenza è inoltre completamente mistificante e maschera la radicalità che già caratterizza numerose lotte ecologiste, dalle ZAD (Zones à défendre) al movimento NO TAV, passando per l’America Latina e per molti altri focolai.
Il 21 settembre ci offre l’occasione di rompere questo “specchio invertito”, di far capire a Macron che l’ecologia non si negozia e che in questo campo come in altri, il ritorno al marciapiede è un rischio che deve prendere in considerazione. È in questa dinamica in costruzione che si può situare l’assembramento delle ore 9 alla Madeleine (ndt quartiere di Parigi), proclamato da numerose organizzazioni ecologiste. In seguito a diversi incontri con gruppi dei Gilets Gialli e collettivi autonomi, gli organizzatori della Marcia per il Clima hanno in effetti deciso di non accontentarsi di un corteo alle 12 nella zona est di Parigi. Riunendosi in prossimità degli Champs-Elysées, dove i Gilets Gialli invitano a ritrovarsi alle 10, inviano un primo segnale forte che richiama quello lanciato nel mese di dicembre, quando alcuni sindacati conflittuali raggiungevano la rivolta a partire dagli appelli di Saint Lazare.
Si può dedurre da configurazioni di questo tipo che l’assembramento è un buon mezzo per radunarsi in massa sugli Champs Elysées, o in prossimità, da parte dei militanti che non hanno ancora pienamente provato la “febbre gialla”. Questi ultimi non devono inquietarsi dell’accoglienza che sarà loro riservata, essendo i Gilets Gialli sempre riconoscenti verso coloro che osano sfidare il divieto poliziesco per portare le lotte popolari sul più bel corso del mondo (ndt gli Champs Elysées). D’alta parte, i militanti ecologisti devono sapere che il contatto fisico non sarà necessario, che bisogna volerlo per ottenerlo. Innanzitutto perché le forze dell’ordine faranno di tutto per impedire il contatto materiale e il significante politico che potrebbe produrre. Ma anche perché la tentazione è forte, quando si è insieme, comodamente assembrati e ben inquadrati, di restare fermi o di fare solo finta di muoversi.
Oltre agli esempi delle lotte contro le grandi opere inutili e nocive, i discorsi radicali si impongono in maniera crescente durante le mobilitazioni ecologiste, un ambito a cui gli attivisti sono sempre più sensibili. Il 21 settembre si dovrà quindi mettere in relazione questi discorsi con azioni concrete. Questo comporterà certamente alcune rotture all’interno movimento ecologista stesso, ma non c’è nulla da temere. Invece, al termine di questa giornata alcune posizioni si comprenderanno più chiaramente, ma nasceranno anche delle differenziazioni. Si tratta di altrettante possibilità per allargare i nostri orizzonti politici. Il movimento dei Gilets Jaunes spinge la sua critica verso l’intera società e deve affrontare costantemente nuove sfide.
In questo senso l’ecologia mira anche a limitare la centralità del lavoro e la questione sociale, senza abbandonare questo ambito, ma, invece, arricchendolo di altri ambiti di conflitto che interessano la società attuale nella sua globalità.
Produzione, riproduzione e circolazione: l’obiettivo è il circuito capitalista. Allo stesso modo delle lotte antirazziste e femministe, nei Gilets Jaunes l’ecologia è parte attiva del rilancio delle dinamiche di mobilitazione e della critica del sistema coinvolgendo voci differenti che, risuonando assieme, possono entrare in armonia tra loro.
E infatti il progetto globale di Macron è sia antisociale sia antiecologista. È, per meglio dire, una visione parziale e situata a livello sociale di quello che l’ecologia dovrebbe essere: un’ecologia liberale a favore dei più ricchi. Non si tratta solamente di “greenwashning” venduto ai giovani dai Konbini (ndt negozi aperti 24 h), inteso come semplice ristrutturazione di facciata per purificare uno stato complice dell’inquinamento e le sue imprese dai loro “peccati”. Nello scenario politico si sta delineando un nuovo tipo di oppressione. Ben lontana dal “rendere il nostro pianeta nuovamente virtuoso”, l’ecologia liberale di Macron vuole soprattutto rilanciare le dinamiche di accumulazione ed estrazione,il tutto accompagnato da una comunicazione oppressiva. L’idea è che la transizione ecologica consista semplicemente nella conquista di nuovi mercati “verdi”. Questa forma di rilancio ecologico si fonda sul consumo di risorse, sul potenziale del digitale, il lavoro precario, le energie pulite che esternalizzano l’inquinamento nel Sud del mondo, l’appropriazione di territori per fini turistici o per i trasporti, la gentrificazione dei quartieri popolari (trasformati in eco-quartieri), ovvero tutte attività che conservano spazi ecologicamente sani per i potenti.
Questa stessa logica che incontriamo a capo del capitalismo progressista ci offre come modello di cittadinanza la “partecipazione”, altrimenti detto il Grand Débat sul Web, piuttosto delle assemblee locali. Come se fosse possibile che i progetti partecipativi o i corsi per adottare forme di consumo etico riescano a cambiare chiunque. Invece si reprime qualsiasi movimento che cerchi di opporsi a una transizione ecologica manovrata da coloro che per decenni hanno portato il mondo verso la catastrofe.
La giornata del 21 sarà quindi fondamentale, ma non fine a se stessa. Si cercherà invece di costruire e rilanciare ambiti di azione e intervento futuri. I Gilets Jaunes e i movimenti per il cambiamento climatico ne avranno solo da guadagnare. L’anniversario dei Gilets Jaunes a metà novembre sarà l’occasione per muoversi verso questa direzione, ma la sua riuscita dipenderà altrettanto dalle forze, se saranno o meno in grado di mantenere alto lo stato d’agitazione.